Crystal Gun - fanfiction su Lupin

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. _Shinami_
     
    .

    User deleted


    Titolo - Crystal Gun
    Fandom - Lupin III
    Paring - Jigen x Nuovo Persongaggio __ Lupin x Fujiko
    Descrizione - Una serata come tante e improvvisamente Lupin decide di cambiare locale. Così i tre ragazzi si trovano catapultati al "Moonlight Shadow" un pub di periferia gestito dalla cantante Yume, una ragazza affascinante vittima di un passato triste e costretta contro la sua volontà a darsi da fare per ridare vita al suo locale. Un incontro casuale che segnerà una svolta nella vita di Yume e in quella di un membro della banda di Lupin.

    CRYSTAL GUN
    CAPITOLO I - Un sogno, una chitarre e un pub



    ____

    Era una tarda nottata di settembre, settembre che stava ormai finendo a giudicare dalla temperatura molto bassa. L’insegna al neon del pub risplendeva silenziosa illuminando soffusamente la zona circostante al locale e dall’interno si udivano voci sommesse che parlottavano allegre. I tre uomini osservarono il nome del pub.

    ‘Moonlight Shadow’ un titolo un po’ troppo romantico per un posto come quello.

    “Perché siamo qui Lupin?” chiese Goemon osservando l’entrata del locale con un misto di riluttanza e circospezione.

    “Ogni cosa a suo tempo. Ed ora, andiamo.” Si mise le mani in tasca ed entrarono. Il pub era discretamente illuminato e proprio di fronte alla porta da dove erano appena passati, separato da molti tavoli quadrati, c’era un piccolo palco dove attendevano solitari un microfono spento ed una sedia. Lupin avanzò tranquillo in mezzo alla piccola folla di clienti e i tre si sedettero ad un tavolo appartato, in un angolo poco lontano dal palco.

    Jigen diede un occhiata in giro: c’erano facce scure in quel posto, ma anche tanti volti sorridenti e molte persone vicine di tavolo chiacchieravano amabilmente. Un cameriere avanzò verso di loro.

    “Cosa vi porto?” chiese quasi con noia tirando fuori una penna e un block notes.

    “Una birra, un whisky e un the caldo, al limone.” Disse prontamente il ladro in giacca rossa, anticipando una qualsiasi mossa dei due compagni che per tutta risposta annuirono con la testa. Il cameriere scrisse e si allontanò velocemente, tornando dopo poco con le ordinazioni. I tre presero a sorseggiare ognuno la sua bevanda e chiacchierarono tranquilli per un quarto d’ora. Verso le 23.30 le luci del pub si spensero e il palco venne illuminato da dei riflettori che puntarono la sedia. Grida di giubilo arrivarono da parecchi tavoli e molte persone ordinarono un altro giro di bevute mentre battevano i piedi ritmicamente.

    Jigen volse le spalle al palco, troppo occupato a fumarsi la sua sigaretta; con sincerità non gli interessava nessuno spettacolo e considerando lo squallore del posto, immaginò che sul palco sarebbe salito un cantante di mezza età che avrebbe preso parecchie stonature e magari qualche pomodoro in faccia, ecco il perché di tutta quella felicità.

    “Vai Yumeeeee!”

    “Vai Yume, facci sognare piccola!”

    Una ragazza sbucò da dietro la tenda rossa che era rimasta semiaperta, stringendo tra le mani la chitarra acustica e rigirandosela tra le dita con agitazione. Si sedette sulla sedia al centro del palco e regolò il microfono all’altezza giusta. Si mise la cintura dello strumento addosso ed attaccò il cavo, ma invece di cantare cominciò a parlare con voce quasi tremante, cosa strana per chi la conosceva bene. Ma proprio chi la conosceva bene sapeva anche per quale motivo quella sera era così agitata.

    Jigen fumava tranquillo e solo dopo un po’ si rese conto che nel locale c’era un silenzio innaturale, l’unica cosa che si udiva era la voce di quella ragazza che parlava. Dal suo posto l’uomo non faceva davvero caso alle parole del discorso e, dopo aver fatto un altro tiro di sigaretta e aver scrollato la cenere in esubero, notò lo sguardo assorto di Lupin e persino quello di Goemon. A quanto sembrava lì dentro solo lui non degnava di uno sguardo chiunque stesse parlando. Finalmente decise di voltarsi per osservare quale misteriosa persona attirava così tanto l’attenzione su di sé.

    All’inizio quello che vide fu solo una ragazza che parlava al microfono direttamente con il pubblico guardando sempre in basso… poi anche lei alzò lo sguardo. I riccioli scuri le scendevano delicati sulle spalle, facendone risaltare la pelle diafana, la bocca rosea e gli occhi, occhi azzurri come il mare, espressivi e lucenti, leggermente truccati di celeste e resi più profondi dal leggero strato di eye-liner e dal mascara. Jigen capì per quale motivo la folla maschile non le staccava gli occhi di dosso.

    Finalmente si mise ad ‘ascoltare’ le parole della ragazza con attenzione, rendendosi conto di essersi perso soltanto la presentazione. Ma il suo nome lo conosceva già, in molti lo avevano gridato poco prima. Si chiamava Yume. Aveva una voce dolce e profonda, da adulta sebbene sembrasse molto giovane.

    “…Sapete ragazzi –disse lei continuando a parlare– è questo che cercavo di dirvi poco fa. Certe volte la vita è strana e fa un po’ come le pare e piace!”

    “Parole sante!” Gridò qualcuno, e la ragazza accennò un sorriso che per un breve attimo le illuminò tutto il viso. Poi gli occhi tornarono ad essere tristi come prima, seppur bellissimi.

    “Già parole sante. Vedete, ora vi spiego una cosa. Questa sera seduti qui al Moonlight ci sono tre tipi di persone. Il primo tipo, che noi chiameremo ‘Ignoti’, sono le persone che si sono infilati qui dentro senza uno scopo preciso o che sono qui per la prima volta, magari sotto costrizione di un conoscente che li ha infilati in un pub di periferia poco conosciuto.”

    Jigen e Goemon si sentirono chiamati in causa.

    “In questo momento gli Ignoti staranno pensando: ‘Ma chi è mai questa Yume che blatera così tanto e non canta, seppure dice di saperlo fare?’ Beh, cari Ignoti… avete ragione, blatero tanto!” E un coro di risate di levò dalle prime file, coinvolgendo anche Yume.

    “A parte gli scherzi, scusate cari Ignoti, in genere sono molto meno loquace. Poi, oltre al terzo gruppo, c’è il secondo, che è quello dei ‘Conoscenti’. Loro sono clienti che sono venuti già qualche volta e magari ci tornano volentieri qui dentro. Infine c’è il terzo gruppo, gli ‘Amici’, cioè i tipi o le tipe che vengono qui con regolarità, che mi conoscono bene e che conoscono bene anche la storia del locale. Vi farei parlare con ognuno di loro se potessi e vi farei capire quanto sono importanti per me e per questo posto. Ora, oggi 18 settembre è una data importante per il pub. Esattamente tre anni fa nasceva il Moonlight, ma esattamente quattro anni fa, un uomo mi portò a vedere e a conoscere quello che secondo lui sarebbe stato un futuro.”

    Fece una piccola pausa, sospirando.

    “Per chi è di zona sa che questo era un edificio abbandonato dove i tossici si bucavano e cose simili… Quante volte a perdere la verginità vero? So che ci sono ragazzi che l’hanno perduta per sei volte di seguito! Bugiardi a quell’età i maschietti!” Un’altra risata partì dal pubblico ma stavolta nessun sorriso da chi era sul palco; la ragazza ora aveva gli occhi lucidi.

    “Vedete, io e quel ragazzo ci siamo spaccati in quattro per dare vita a questo posto. Fatti il mazzo per un anno intero spendendo ogni minima forza e dedizione per tirare su un locale e… ce l’abbiamo fatta. Era un sogno, un sogno di una vita che diventava realtà. Per gli Amici, o anche Conoscenti, sapete che sto parlando di Nobuo Takewase e…” un piccolo applauso dalle prime file fece capire che quelli erano posti riservati ai clienti assidui del pub.

    “… grazie. E dopo aver tirato avanti per quasi due anni, il giorno del secondo anniversario del pub un gruppo di ragazzi ubriachi con la macchina contromano ha avuto un frontale con una vettura bianca che si stava dirigendo qui. Sono tutti morti sul colpo, non si è salvato nessuno. Nella macchina bianca, che andava a 30 Kmh nel verso giusto c’era Nobuo.” Yume chinò il capo e rimase in silenzio. Jigen sentì stringersi il cuore, lei aveva parlato del ragazzo come se fosse ancora in vita e ora, si era sentito trapassare da una mano gelida. Yume rialzò la testa con il viso rosso e gli occhi gonfi e lucidi, aveva pianto.

    “Scusate, è che risulta difficile. Io e Nobuo ci amavamo davvero. Siamo cresciuti insieme quando eravamo piccoli e cresciuti eravamo addirittura arrivati al punto di voler mettere su famiglia. Ed è finito tutto così, senza nemmeno il tempo di potergli dire addio. Stavamo festeggiando l’anniversario del pub quando degli uomini in divisa mi hanno portata via. Non ho mangiato né dormito per troppo ed ho chiuso il locale. Poi ho capito che stavo sbagliando così ho riaperto, sotto spianta degli Amici che stasera sono tutti qui con me. È strana la vita ve’? –Un mezzo sorriso, amaro– Una nascita, una realizzazione e una morte tutte nello stesso giorno. E Siccome questa nottata non è ancora finita mi aspetto di tutto ormai!”

    Finalmente Yume rise di cuore e tanti altri con lei.

    “Ho chiacchierato abbastanza, che ne dite se ora canto un po’? Ma se permettete vorrei iniziare con una canzone che ho scritto per lui… e stasera anche se non si vede è qui con noi. Cia Nobuo.”

    “Ciao Nobuo” risposero in coro parecchie persone mentre Yume afferrava saldamente la chitarra. Le luci si abbassarono e il suono delle corde pizzicate riempì l’aria. La ragazza si avvicinò al microfono e cantò una melodia dolce e armoniosa anche se triste e malinconica.

    “Ha la voce di un angelo.” Ammise Goemon guardando Lupin e Jigen che annuirono un po’ persi nelle note della canzone. Soprattutto l’ultimo sembrava rapito da quel suono. Lo ammise a se stesso, quella ragazza era davvero straordinaria e pur essendo vittima di un lutto, Yume lo intrigava parecchio. E questo era un male per chi sa che Daisuke Jigen, se si mette in testa una cosa, deve sbatterci la testa fino all’ultimo.

    Avrebbe conosciuto Yume, voleva almeno parlare per capire come era davvero. E lo avrebbe fatto a qualsiasi costo.

    Ma certe volte il destino è diverso da come ce lo disegniamo noi



    _______

    Allora, il primo capitolo della mia fiction su Lupin. Ci voleva proprio sul sito una ventata di scrittura! Beh, che ne pensate? Fatemi sapere, sappiate che sono parecchi capitoli da leggere! Se volete delucidazione etc etc etc non fatevi scrupolo a chiedere. Un grazie a chiunque commenterà! Kiss _Shinami_
     
    Top
    .
  2. lupin1996
     
    .

    User deleted


    sai anch'io ho scritto qualcosa su lupin ma nn ho scritto tanto come te devo dire che sei brava complimenti
     
    Top
    .
  3. lupin1996
     
    .

    User deleted


    bellissimo il primo capitolo quando posti il secondo??????
     
    Top
    .
  4. Rupan Sansei 91
     
    .

    User deleted


    Molto bello.
     
    Top
    .
  5. lupin1996
     
    .

    User deleted


    mi sto incuriosendo voglio sapere il continuo
     
    Top
    .
  6. _Shinami_
     
    .

    User deleted


    A tutti coloro che hanno letto, grazie. Il secondo capitolo, a voi.

    Capitolo 2 – Incontri, discorsi e pistole

    ___

    Quella sera in macchina Jigen guardava la strada distrattamente, fumando nervosamente una sigaretta, l’ennesima sigaretta. L’immagine di quella ragazza che cantava lo tormentava da quando erano usciti dal locale e, la cosa che più lo imbestialiva, era il fatto di non essersi potuto muovere dal tavolo.

    Puntellò il gomito sullo sportello e poggiò il viso sul pugno chiuso, voltandosi leggermente verso sinistra. Notò che Lupin aveva un sorriso soddisfatto dipinto in faccia e non faceva altro che controllare l’orologio. Jigen si chiese il motivo di quel segno di irrequietezza e ritornò a fantasticare su Yume.

    Le luci dell’autostrada scorrevano veloci e illuminavano ad intervalli regolari l’interno della macchina che risplendeva in quella notte così fredda. Finalmente il cartello verde con la deviazione a destra si stagliò all’orizzonte e Jigen lo vide avvicinarsi sempre di più, sempre di più… per poi sparire alle loro spalle.

    “Lupin. –Disse lui capendo che sotto c’era qualcosa, ma tentò lo stesso –Hai sbagliato direzione.”

    “No caro mio… sto andando dalla parte giusta. Guarda, vedi quelle cinque letterine vicino al disegnino della nave, sul cartello? È lì che stiamo andando.”

    “E cosa ci spinge ad andare al porto?” chiese Goemon intromettendosi nella conversazione. Lupin allargò il suo sorriso.

    “Vi voglio presentare una persona, il nostro nuovo socio in affari, lo avete conosciuto nel locale stasera.”

    Jigen e Goemon fecero un piccolo balzo e si guardarono tra loro confusi. Per quale motivo Lupin non li aveva avvertiti prima? Cosa aveva spinto il ragazzo a tutto quel riserbo? Certo era che negli ultimi tempi spariva un po’ troppo spesso dal covo e ritornava sempre più tardi.

    “Perché non ci hai reso partecipi di questa storia? Quale uomo può esserci così tanto utile da essere chiamato ‘socio in affari’?” inveì Goemon. Il ladro in giacca rossa sterzò con forza.

    “Intendi dire quale donna Goemon, quale donna.” La macchina si arrestò proprio nel momento in cui Jigen urlava contro Lupin un molto poco gentile:

    “COSAAAAAA?”

    “Shhhhh! Che ti strilli? Era per questo che non vi ho detto niente, sapevo che avreste pensato subito male se vi avessi detto che era una donna. Una ragazza per l’esattezza, e se vi può consolare vi ho portato qui solo per farvi vedere di cosa è capace… non penserete mica che ingaggi qualcuno tipo Fujiko vero?”

    “Spero che tu abbia una buona ragione per tutta questa riservatezza.” Disse Jigen gettando la sigaretta dal finestrino.

    I tre scesero dalla vettura e si ritrovarono in un grosso viale costellato di magazzini in ambedue i lati della strada. Dietro i magazzini, il porto. Solo un capannone era illuminato e dalle piccole finestrelle risplendeva una luce giallastra che illuminava la zona circostante all’entrata. Lupin si avvicinò alla porta dell’edificio e bussò calmo.

    Un rumore metallico proveniente dall’alto fece alzare ai tre lo sguardo. Una telecamera, camuffata con maestria, li osservava silenziosa e immediatamente un tonfo sordo sbloccò qualcosa dentro la porta che si aprì.

    L’interno capannone era squallido, c’erano scatoloni di cartone ammassati in ogni angolo e fogli sparsi su tutto il pavimento. L’odore di muffa arrivava alle narici subito, ed essendo vicino al mare c’era anche un vago aroma di pesce andato a male.

    “Lupin. Passa, ho aperto.” Disse una voce metallica che riempì la stanza improvvisamente. I tre fecero un piccolo balzo per la sorpresa ma seguirono il ladro in giacca rossa che avanzava sicuro tra le scartoffie e la marea di disordine.

    “Ci vorrebbe una brava domestica qui dentro.” Asserì Jigen.

    Dopo aver girato tra gli scatoloni i tre raggiunsero quello che, fino a prova contraria, era il muro del capannone; ma quando Lupin fece spallucce ed allungò la mano per tastare la parete, immediatamente le dita scomparvero come risucchiate. I due compagni guardavano ad occhi aperti, e vedendo che il ragazzo si stava infilando per intero nel muro lo seguirono a ruota. Si ritrovarono catapultati in quello che doveva essere un piccolo ascensore e quando furono tutti e tre dentro, la porta si chiuse automaticamente mentre la cabina cominciava a scendere verso il basso. Un piccolo tonfò diede loro ragione di credere che erano arrivati.

    Lupin uscì per primo e camminò per un lungo corridoio che proseguiva diritto fino ad una porta. Allungò la mano sulla maniglia e i tre si trovarono in un ampissima stanza grigiastra, arredata come un salotto. Seduta sul divano, intenta a sottolineare dei fogli che aveva tra le mani, c’era una ragazza che immediatamente si alzò e corse loro incontro.

    “Sei in ritardo!” disse con l’aria crucciata rivolta verso Lupin tenendo le mani sui fianchi, poi si sciolse in un bel sorriso.

    Jigen si sentì pietrificato, di tutte le donne del pub mai avrebbe immaginato che la ragazza a cui si riferiva Lupin fosse proprio lei. Yume, la stessa persona che per tutto il viaggio lo aveva tormentato nei suoi pensieri; Goemon non era da meno in quanto a stupore. Lei si avvicinò ai due.

    Tese la mano.

    “Piacere, Narako Yume. Sono felice di potervi conoscere, finalmente.”

    “Piacere nostro…” dissero i due stringendo la mano della giovane ragazza. Lei annuì soddisfatta e poi sventolò i fogli sotto il naso di Lupin.

    “Questi caro mio, valgono più di me e te messi insieme. Ti conviene studiarteli con attenzione, altrimenti il lavoro che c’è dietro sarà tutto, e dico tutto, andato in fumo!”

    Lui li afferrò con prontezza e gli diede un rapido sguardo. Poi si mise seduto sul divano mentre lei indicava delle piccole annotazioni a bordo pagina. Dopo pochi minuti Goemon parlò, con un leggero tono di esasperazione nella voce.

    “Scusate se esistiamo anche noi due…” lei lo guardò negli occhi e poi fissò Jigen.

    “Non intendevo arrecarvi danno, dovevo solo discutere queste cose con Lupin. Ora vengo anche da voi due e ci facciamo quattro chiacchiere, così scoprirete finalmente perché siete qui. Ok? Intanto posso offrirvi qualcosa da bere? Dovrei avere qualche birra in frigo e… tanta acqua.”

    I due si sedettero al tavolo vicino al divano mentre lei andava a prendere qualcosa nell’altra stanza. Tornò con bicchieri, bevande varie e un posacenere.

    “Al vostro buon cuore pazientare un po’.”

    “Se, se.” Disse Jigen mentre cercava qualcosa per accendersi una sigaretta. Immediatamente Yume tirò fuori un accendino e gli porse la fiamma accesa. Lui la guardò di sottecchi.

    “Grazie.” La ragazza sorrise e poi tornò da Lupin. I due chiacchierarono concitati mentre discutevano sugli appunti che c’erano sui fogli e, dopo una ventina di minuti, si alzarono dal divano ed andarono al tavolo. Lì Yume prese un bicchiere e si versò dell’acqua gassata. Dopo aver finito disse con voce pimpante:

    “Allora, lor signori, finalmente possiamo rendervi partecipi di tutto. Scusate per il riserbo ma è stata colpa mia, ho la brutta abitudine di non fidarmi mai troppo della gente e persino Lupin ci ha messo del tempo per avvicinarmi. Sono stata io a chiedergli di non parlarvi del prossimo colpo che sta per organizzare questo solo perché, non conoscendovi, non sapevo se potevo fidarmi di voi. Ma ora credo sia giunto il momento di dirvi tutto.”

    Prese un bel respiro e si alzò.

    “Seguitemi.” I tre si alzarono con lei e le andarono dietro mentre camminava svelta passando per due lunghi corridoi. Una grandissima porta di metallo si stagliò davanti ai loro occhi e la ragazza spinse le due ante con entrambe le mani.

    Lo spettacolo fu stupefacente, la stanza era gigantesca e c’erano armi in ogni dove, soprattutto pistole o comunque armi da fuoco disposte ordinatamente in scatoloni oppure su delle scaffalature. Yume andò diritta al centro della stanza dove c’era un lungo tavolo pieno di scartoffie e PC portatili; ne staccò uno e camminò ancora fino ad una piccola porta dove entrò sempre seguita dai tre compagni.

    Stavolta la stanza era molto più piccola ed all’interno vi erano strani marchingegni e computer in ogni dove, un’intera parete, occupata da tantissimi strumenti da meccanico. Lei attaccò il PC ad un cavo e con dei rapidi ticchettii sulla tastiera riempì la schermata di sottili scritte che scorrevano autonomamente. Fece accomodare i tre su un divano e sorrise beffarda.

    “Dimostrazione pratica di quello che so fare…” si mise una mano dietro la schiena e tirò fuori una pistola facendola girare con maestria nella mano. “Bel modello Daisuke, certo la sei colpi è un po’ antica ma è davvero un pezzo d’arte, non vedevo una Magnum così leggera e maneggevole da parecchio.”

    Jigen si portò una mano alla schiena e scoprì, con sommo rammarico, che la ragazza gli aveva rubato la pistola proprio sotto il naso. Yume gliela tirò e lui la afferrò al volo.

    “Notevole sì, niente male. Ma se è tutto qui quello che sai fare…” disse Jigen quasi per metterla alla prova. Quella ragazza, oltre ad essere un tipo affascinante, era davvero abile. Avrebbe voluto farle duemila domande ma si trattenne, l’ultima volta che una donna gli aveva fregato la pistola sotto il naso e lo aveva attratto fisicamente si era scoperta una dei capi delle Bloody Angels. Decise di stare zitto ed ascoltare quello che lei aveva da raccontare. Yume alzò le mani in segna di resa e sorrise sicura, poi fece spallucce e parlò con voce chiara.

    “Questo è il mio laboratorio segreto. Qui custodisco le armi che smercio alle persone come voi, ma la mia storia ha inizio dopo la morte di mio padre.” Si mise seduta su una piccola poltroncina.

    “Era uno degli scienziati della CIA e del FBI collaborò al progetto Doppia Alfa che il pentagono provò a tenere segreto, dico provò perché la mafia ha le orecchie dappertutto e in poco tempo divenne un fatto semi-pubblico. Mio padre era una persona estremamente scomoda, aveva idee rivoluzionarie in campo di scienza e voleva usare il Doppia Alfa solo per ‘buoni scopi’. Mi hanno detto che è morto in un incidente, nel suo laboratorio… non ci crederò mai, neanche se trovassero un video che lo testimonia.” Una breve pausa le oscurò gli occhi poi tornò a fissare i tre. Notò che Goemon e Jigen, pur ascoltando il discorso che stava facendo, si guardavano intorno confusi perché attratti da quegli strani marchingegni che annidavano la stanza.

    “Costruisco materiale di spionaggio, o per lo meno lo costruisco per adoperarlo in modo diverso da quello che era il progetto iniziale. Insomma, costruisco per la malavita.” Yume riportò l’attenzione su se stessa con quella frase inaspettata.

    “Ah ecco il perché di tutti questi trabiccoli…” disse Jigen evitandone di incrociarne gli occhi. Lei rise di gusto e fu costretto ad alzare lo sguardo.

    “Sì, bei trabiccoli. Dopo la morte di mio padre ho finito gli studi ed ho preso una laurea in ingegneria meccanico-informatica poi ho tirato su questo posto.”

    Goemon la fissò con un piglio di indecisione sul viso

    “Perché la figlia di uno scienziato che lavorava per la polizia, è finita a smerciare armi e a costruire marchingegni di questo tipo per la gente come noi?” Forse il ragazzo aveva osato troppo ma la curiosità era molta. Yume rispose un po’ assorta in altri pensieri.

    “Fidati, è molto più pulito questo mondo che quello considerato ‘per bene’… e poi non sono finita così per scelta mia.”

    “Cosa vuoi dire?” Chiese Jigen, sentendo che erano entrati nel vivo della conversazione. A quel punto anche Lupin attizzò le orecchie ma Yume guardò l’orologio.

    “Beh, si è fatto tardi, credo che sia ora di tornare a casa per voi. Lupin vi indicherà la strada e quello che dovrete fare nei prossimi giorni. Buonanotte, dormite bene.”

    Si girò verso il PC che lavorava incessantemente e diede loro le spalle. I tre la fissarono stupiti ma non le disubbidirono e presero la via dell’uscita mentre lei ticchettava nervosamente sulla tastiera.

    Arrivati alla macchina si infilarono dentro leggermente scossi. Yume era rimasta dolce e accogliente durante il loro discorso e poi aveva improvvisamente cambiato umore. Lupin mise in moto la vettura e fece un sonoro sbadiglio poi guardò Jigen.

    “Non ti tormentare, fa sempre così quando tocchi quell’argomento. Nemmeno io so per quale motivo si è data alla delinquenza e da quello che ho capito non lo sa nessuno.”

    “Potevi almeno avvertirmi.” Disse lui portandosi una sigaretta alla bocca, parlando con freddezza.
    “Ho deciso di non farlo per un semplice motivo…”
    “E cioè?”
    “La imparerai a conoscere per bene da solo. Fa parte dei piani per ‘i prossimi giorni’.”
    “Umh…”

    La macchina girò per la deviazione giusta ed arrivarono al covo dopo poco.

    ***

    Yume sentì la porta chiudersi dietro le sue spalle, e guardò il monitor del PC per osservare i tre ospiti che uscivano. Soffermò lo sguardo su quel Daisuke. Per un attimo sentì un brivido di odio nascerle nel petto, poi si calmò. La domanda del ragazzo le bruciava ancora nelle orecchie ma lui non poteva sapere, nessuno poteva capire il suo dolore. Li guardò sparire oltre la soglia del magazzino.

    Non poteva rovinare tutto quella che aveva fatto per Lupin solo per il suo comportamento da ragazzina frustrata. Era ora di finirla, finire di tormentarsi inutilmente.

    Eppure non ci riusciva ad uscire da quel tunnel maledetto.

    Chiuse gli occhi e una lacrima solitaria le rigò il viso.

    ____

    Beh, ditemi, cosa ne pensate? Un bacio e fatevi sentire!!

     
    Top
    .
  7. Locki_89
     
    .

    User deleted


    Belli tutti e due sia il primo che il secondo..complimenti!!!
     
    Top
    .
  8. _Shinami_
     
    .

    User deleted


    Ma Gvazieeeee! Misà che posto anche il terzo sì... postiamo dai! XD
    ______

    Capitolo 3 – Chiese, supermarket e macchine guaste

    ___

    Passarono tre lunghi giorni ma Yume, al contrario degli accordi che aveva stipulato con Lupin, non si fece né sentire né vedere. I tre ladri attendevano impazienti sue notizie gironzolando per casa, aspettandone una telefonata, giocando a carte o guardando un po’ di TV. Quel giorno inoltre, il frigo e la dispensa ormai deserti fecero intendere ai ragazzi che era ora di andare a fare la spesa. Lupin spalancò speranzoso gli sportelli della cucina ma vi trovò solo una vecchia scatola di arachidi e aprendola disse rivolto verso gli altri due:

    “Credo che sia ora di fare un po’ di spesa. Se non sbaglio è il turno di Goemon…”
    “Non ci provare nemmeno, io ci sono andato la volta scorsa. Tocca a te Lupin.”
    “Ma io mi ricordo bene che è il tuo turno!”
    “Senti, non mi va dav…”

    Jigen si intromise nella conversazione.

    “Finitela di comportarvi come due bambini. Vado io.”
    “Ohhhh, vedi che così si ragiona? Grazie Jigen, ti preparo la lista e vai.”

    Dopo dieci minuti l’uomo sfrecciava sulla strada con un piccolo foglietto tra le mani. Lo fissò incuriosito e lo stropicciò subito dopo. C’era semplicemente scritto ‘Fai come ti pare’.

    Arrivato davanti al supermarket parcheggiò nel primo posto libero che trovò e scendendo dalla macchina sentì il rumore delle campane sonanti, provenire dalla chiesa di fronte al negozio. Era una delle poche costruzioni cristiane cattoliche che c’erano in città. Una piccola folla di fedeli uscì dall’edificio e molte persone si fermarono a chiacchierare sull’entrata della chiesa; tra di loro qualche suora e un solo prete.

    Poi vide tra la gente un volto familiare e dovette sbattere più volte gli occhi per non credere di avere una qualche allucinazione. No, non si sbagliava, tra la folla c’era, coperta da un lungo cappotto nero e con una sciarpa colorata al collo, Yume… e stava venendo nella sua direzione.

    La ragazza dapprima sembrò titubante e poi si avvicinò più sicura.

    “Anche tu a fare la spesa?” chiese sorridendogli. Un sorriso sincero e spontaneo, preceduto dall’assenza di un saluto e da una domanda secca.
    “Sì, qualcuno lo deve pur fare…” sorrise impacciato, anche lui senza salutarla.
    “Oh beh, stammi bene.”
    “Anche tu.” E Yume si allontanò brandendo un carrello con entrambe le mani.

    Jigen la guardò sparire oltre la soglia del Market. Sperò con tutto il cuore di non incontrarla dentro. Ma…

    …neanche a farlo apposta la urtò una prima volta nel banco dei surgelati, poi la incrociò nel reparto libri e ancora in quello dei CD. E alla fine, come se non bastasse, fecero la coda della cassa insieme. Lei guardò allibita prima il ragazzo e poi il suo carrello. C’erano una montagna di cibo in scatola, pizze surgelate, dolci, patatine e birre. Lo stesso fece lui ma nel carrello della ragazza regnavano sovrani la frutta, il pane, la pasta, una cassa d’acqua e tanta verdura.

    Riportarono il carrello nello stesso istante e poi si guardarono negli occhi… alla fine Yume incrociò le braccia sul seno.

    “Se non ti conoscessi direi che mi stai seguendo. Ma infondo io non ti conosco, perciò dimmelo chiaro e tondo. Mi stai seguendo?”
    “No! Cioè sì… no! Oh, insomma, non ti sto seguendo ma non è colpa mia se ci scontriamo continuamente!”

    Yume asserì con la testa, molto poco convinta. Poi fece un cenno di saluto e portò le buste alla sua macchina, parcheggiata vicino a quella di Jigen.

    -Se questo è un caso io mi chiamo Genoveffa. Ma non mi va nemmeno di litigarci con questo qui!-

    Salì nella sua vettura e mise in moto. Il motore ruggì minaccioso ma dopo due secondi si spense. Yume girò la chiave nel quadro ma per tutta risposta la macchina tossì leggermente e subito dopo non diede più nessun segno di vita. La ragazza poggiò la testa sul volante.

    -Dio che giornataccia. L’ho presa dal meccanico due giorni fa! Devo decidere a cambiare questo macinino, i soldi non mi mancano!-

    Notò che Jigen la guardava confuso ma divertito allora scese dalla macchina e prese le buste della spesa che aveva nel cofano. Si avvicinò al finestrino del ragazzo e bussò per farsi aprire. Immediatamente Jigen girò la manopola e il vetro scese.

    “Senti, casa mia è troppo lontana da qui e la mia macchina mi ha appena abbandonato. Ti va di darmi uno strappo? Ne avrei davvero bisogno, ho parecchie buste e a piedi non ce la faccio con la cassa d’acqua, inolt…”
    “Sì, sì, ho afferrato il concetto. Sali, ti accompagno io.”

    Yume sorrise e aprì lo sportello posteriore dove sistemò la spesa, poi salì sul sedile affianco a quello del guidatore.

    “Dove abiti?” disse lui accendendosi una sigaretta.
    “A pochi isolati dal Moonlight. Arriva lì poi ti ci conduco io. Emh, e grazie. Ti devo un favore.” Yume sorrise impacciata sistemandosi la cintura.
    “Il favore più grande che potresti farmi sarebbe chiamare Lupin, non ce la facciamo più ad attendere una tua telefonata.”

    Aveva usato un tono tranquillo, non suonava come un rimprovero. Quel ragazzo aveva una maschera di impassibilità disegnata sul volto. Yume lo fissò confusa mentre Jigen metteva in moto.

    “Sì, scusatemi, ho avuto un problema con una partita di revolver. Un capo della mala mi ha dato qualche rogna. Voleva pagare in natura…” Il ragazzo al volante accennò un mezzo sorriso.
    “Già, gli uomini pensano solo a quello vè?”
    “Se parli così potrei pensare che tu non sia un uomo.” Yume lo guardò beffarda.
    “Era una battuta innocente.” Disse lui prendendo una deviazione mentre la ragazza si accoccolava nel sedile; faceva davvero molto freddo.

    C’era un silenzio imbarazzante tra i due, Jigen guidava attento ma gli pesava non poter parlare, era abituato a Lupin: lui non stava un attimo zitto. Decise di provare ad iniziare un discorso con Yume.

    “E così sei una cristiana cattolica.” Lei si girò e lo guardò.
    “Sì, una delle poche in città. Una delle poche in Giappone. E tu? Non sei credente?”
    “Non credo, ma i miei genitori erano protestanti, so come funziona la tua religione.”
    “Già, tu sei americano…” Un semaforo rosso, proprio nel momento giusto, costrinse Jigen a voltarsi verso la ragazza.

    “Sì, sono americano. Ma tu non hai una religione di queste parti.”
    “Io sono italo-giapponese. Ma sono cresciuta qui.”
    “Ecco spiegate molte cose.” Finalmente stavano parlando e non gli sembrò vero… a dir la verità era strano anche per lei aprirsi con uno ‘sconosciuto’, però era piacevole dialogare con lui. Non era curioso e nemmeno invadente. Forse un po’ freddo, ma per niente fastidioso nei modi.

    “Ti sembrerò stupida. Una ragazza che ha un pub e fa un lavoro onesto… poi scopri che è una delinquente e costruisce macchine per la malavita. E inoltre si aggrappa alla fede come ultima risorsa.”
    “È un’ultima risorsa?” domando lui. Yume guardò il cielo grigio.

    “Aggrapparsi a qualcosa di inutile. Qualcosa di inutile in questa vita. Certe volte mi chiedo che cosa ci vado a fare in chiesa tutte le domeniche se non riesco nemmeno a confessarmi ‘per intero’ per quello che faccio. Non credo che Dio mi perdonerebbe se sapesse cosa gli combino sulla terra, ma lui già lo sa e non vede l’ora che io muoia per sbattermi la porta del paradiso in faccia.”

    “Sebbene tu lo reprima, hai una grande fede però.” Disse lui sottovoce notando il tono assorto della ragazza. “Chiedersi se Dio esiste beh, ho smesso di farlo parecchio tempo fa. Quando mi ha portato via tutto. Genitori, lavoro, nome…” continuò Jigen guidando sicuro. Yume si sentì in colpa per quella affermazione e abbassò lo sguardo.

    “Scusa, non mi andava di tormentarti con i miei problemi” Il ragazzo scosse la testa buttando via il mozzicone di sigaretta dal finestrino.
    “Guarda le crociate, i fedeli della Terrasanta uccidevano in Suo nome. Tu, non mi pare che uccidi molte persone, al massimo rubi.”
    “Sì, ma vallo a dire al prete!” Risero di gusto ambedue e in poco tempo raggiunsero il Moonlight Shadow.

    Yume fissò Jigen. Non aveva nessuna voglia di tornare a casa sua, stava troppo bene dentro quella macchina a chiacchierare con lui. Decise di tentare l’impossibile.

    “Jigen?”
    “Sì?”
    “Cosa… emh, da quanto tempo non fate un pasto decente tu e gli altri?”
    “Non credo di averlo mai fatto un pasto decente a casa. Solo al ristorante. Ma è da un secolo che non ci andiamo.”

    Yume sorrise sicura.

    “Credi che darebbe fastidio a Lupin se vi cucinassi qualcosa io stasera? Così con la scusa vado a prendere un po’ di cose al pub e ne discuto anche con voi tre.”

    Jigen la fissò incuriosito. La proposta era allettante e Lupin non avrebbe rifiutato.

    “Ti aspetto qui.” Lei sorrise e uscì dalla macchina mentre lui prendeva il cellulare e chiamava Lupin per spiegargli la situazione. Quando riattaccò lei tornò con una busta stretta in mano e una cartellina portadocumenti.

    “Andiamo?”
    “Andiamo.”

    E mise in moto la vettura diretto verso il covo.
    _______

    Terzo capitolo! Si aspettano numerosi commenti!

     
    Top
    .
  9. ngi
     
    .

    User deleted


    brava!
     
    Top
    .
  10. lupin1996
     
    .

    User deleted


    vogliamo il 4° capitolo!!!!!!
     
    Top
    .
  11. lupin1996
     
    .

    User deleted


    ma veramente jigen è protestante ed è americano???? ho l'ha inventato tu?
     
    Top
    .
  12. Lup1n
     
    .

    User deleted


    Jigen protestante è un'ivenzione dell'autrice ma non troppo invadente e facilmente giustificabile non come i milioni di materiali che resisotno alla spada di goemon...che Jigen sia americano invece è la verità: ha cambiato nome prima si chiamava Damien Jones che è diventato Daisuke Jigen.
     
    Top
    .
  13. 1$ Lupin
     
    .

    User deleted


    che si chiamava Damien Jones non lo sapevo... Sapevo che aveva cambiato nome per sfuggire ai suoi nemici, ma il nome originale...
     
    Top
    .
  14. _Shinami_
     
    .

    User deleted


    Uh tanta gente che legge le mie fiction! Comunque, per rispondere a Lupin1996, ti ha già detto tutto Lup1n, l'ho inventato io, ma è una cosa giustificabile contando che è americano e lì è la religione più diffusa! Comunqe vi lascio leggere il santa pace il 4° capitolo. Che Damien Jones sia con voi! :*jig:
    ___

    Capitolo 4 – Peperoni, truffatori e fiducia

    ___

    “Benvenuta cheri! Questo è il nostro covo, fai come se fossi a casa tua.” Jigen aveva fatto entrare la ragazza in quella che sembrava una catapecchia in disuso, ai piedi di una scogliera. Era un posto riparato da sguardi indiscreti e raggiungibile solo attraverso una piccola strada nascosta con maestria da una vegetazione fittizia e sintetica. Ecco perché lei, pur avendo il magazzino al porto, non aveva mai notato la casupola. Lupin l’aveva accolta con calore e Yume era rimasta per un attimo confusa. La piccola costruzione, che da fuori sembrava una vera e propria baracca, dentro aveva l’aspetto di una casa normalissima, forse anche troppo lussuosa.

    “Grazie per aver accettato la mia proposta indecente Lupin, sono contenta di poter cucinare qualcosa per voi, spero di non disturbare in alcun modo.” Disse la ragazza facendo un piccolo inchino riverente. Il ragazzo rise di gusto.

    “Se mi disturbavi nemmeno acconsentivo. Vieni, dammi il cappotto, ti faccio vedere casa.” Yume si tolse il pesante giaccone e si sfilò la sciarpa. Portava un jeans molto semplice e un maglione bianco a collo alto abbinato a un paio di scarpe basse e a una cinta dello stesso colore. Seguì il ladro tenendo tra le mani le buste della spesa e la cartellina che aveva preso al Moonlight. Dopo un breve tour il ragazzo la condusse in cucina, passando per un lungo corridoio. Lì Yume notò una serie di mobili pieni si apparecchiature sofisticate.

    La cucina era molto ampia e dotata di ogni comfort ma, a quanto pareva, sembrava qualcosa di totalmente inutile lì dentro in quanto l’unica cosa sporca era il microonde.

    “Vi fidate di qualsiasi cosa io cucini?” chiese lei rivolta verso Lupin, rimasto sulla soglia della stanza, posando una delle due buste sul tavolo.
    “Qualsiasi cosa è meglio della pizza surgelata e le patatine fritte…” rispose Jigen sbucando all’improvviso e dirigendosi verso il frigo, aiutando la ragazza a mettere dentro la propria spesa. Dopo pochi minuti spuntò anche Goemon.
    “Io mangio solo cibo giapponese.” Disse il samurai con voce scura.
    “Suvvia Goemon, almeno per stasera fai un’eccezione! Abbiamo un’ospite!” Il ladro in giacca rossa lo guardò torvo mentre pronunciava quella frase.

    Goemon ci pensò un po’ su poi fece spallucce.

    “Sì, se vi fidate di me vi preparerò una cenetta degna di questo nome!” disse la ragazza impugnando un coltello e un peperone. I tre annuirono soddisfatti e Yume si guardò intorno poi si diresse al tavolo e tirò fuori dei fogli dalla cartellina, porgendoli a Lupin.
    “Tieni – disse – Questa è roba per te. Ci ho passato una nottata in bianco, ti conviene scegliere con criterio perché è materiale costoso e serve del tempo per reperirlo.”
    “Sei la mia salvezza.” Rispose quindi Lupin lasciandola ad armeggiare con i fornelli.

    Jigen si avvicinò curioso per vedere cosa c’era sui fogli. Le pagine recavano disegni strani e sui lati erano fitti di appunti, cifre e preventivi. Guardò il suo compagno e inarcò un sopracciglio.

    “Mi spieghi per quale motivo hai cambiato così improvvisamente fornitore? Non che abbia qualcosa di contrario.” Chiese lui, riferendosi a Yume.
    “Ti ricordi il nostro vecchio piazzista? A quanto è pare è morto in un regolamento di conti e molta gente mi ha indicato lei - Rispose lui semplicemente – E mi hanno anche indicato bene, guarda che prezzi bassi in confronto a quelli di Kenta!”

    Yume rise improvvisamente, una risata di cuore.

    “Ti senti bene?” disse Goemon guardandola con un misto di scettico e confuso.
    “Mai stata meglio! E così vi rifornivate da Kenta. Kenta, vecchia volpe. Se fosse davvero morto comincerei a preoccuparmi, quello ha 20 vite!” Rise ancora e continuò a tagliare le verdure mentre gli altri tre la fissavano non capendo. Lei ricambiò lo sguardo e pulì il coltello su un canovaccio. “Kenta è sparito per un solo motivo. Mi ci sono arrabbiata per benino.”
    “Perché tu lo conoscevi?” chiese Lupin.

    “Scherzi!? Io e Kenta?! Era un malavitoso che all’inizio comprava le mie apparecchiature per sé… poi ha cominciato a rivenderle agli altri quel disgraziato. Ecco perché prima nel corridoio mi sembrava di aver già visto quegli strumenti. Li ho costruiti io! Siete un’altra delle sue vittime, prendeva la roba da me e poi la ridava a tanti altri come voi al triplo del prezzo. Finché non l’ho scoperto…”
    “E cosa è successo?” chiese Goemon scettico.
    “Prega Dio di non vedermi mai incazzata, e ricorda che smercio anche armi da fuoco.” Rispose semplicemente lei mettendo una teglia in forno. La stanza si riempì di un silenzio devastante e Yume infornò una teglia piena di verdure parlando con il tono più dolce possibile “Non vi preoccupate, non mi arrabbio mai.”

    Ai tre si levò quel groppo alla gola e sospirarono in coro. La ragazza mise ancora della roba in forno e delle pentole sul fuoco poi si sedette sulla sedia e guardò i tre che la fissavano. All’inizio sembrò dubbiosa, aveva quasi paura a parlare poi si sciolse in un bel sorriso e i ragazzi ricambiarono.

    “Allora, c’è qualcosa che volete sapere su di me? Avanti, non abbiate paura.” Jigen, Lupin e Goemon si guardarono furtivi, non volevano fare domande indiscrete ma erano curiosi e poi lei sembrava così gioviale quella sera… parlò Lupin.

    “Sì, dove hai imparato a cantare e suonare così?” niente male come inizio, qualcosa di distaccato ma personale: per non entrare nei particolari. Yume lo fissò divertita.

    “Pensavo ne stessi per sparare una delle tue! Comunque non ho mai studiato canto vero e proprio, e la chitarra la strimpello, non la suono! Però cantare mi fa sentire libera, quando la voce sale o scende con le note e la chitarra ti accompagna e ti segue. Come due strade parallele che si incrociano solo in alcuni punti. E poi le canzoni che scrivo sono solo pensieri messi su carta ma per farlo mi ispiro alla musica italiana, quella dei grandi, che mi cantava la mia mamma quando ero piccina per farmi addormentare. Ligabue, de Andrè, de Gregori, Bertoli, Giorgia… ma questi nomi a voi risultano più che sconosciuti.”
    “In effetti… ma come mai ascolti musica italiana?” chiese Goemon.

    “Già, tu non lo sai. Sono di origine italiana, mia madre e mio padre erano di là. Ci siamo trasferiti in Giappone quando avevo cinque anni perché i miei genitori facevano avanti e indietro per il loro lavoro. Ogni anno tornavamo in Italia ad intervalli regolari, infatti sono bilingue! Mia madre è morta dopo pochi anni che eravamo qui e sono rimasta con papà. Era l’ultimo parente in vita che avevo.” Concluse con un tono di rammarico, ma era una persona che aveva anche l’aria di essere stanca di soffrire. Eppure gli occhi apparivano tristi e spenti in alcuni momenti, con la tipica espressione di chi non ha superato pesanti traumi. Poi tornò a sorridere, come se niente fosse.


    I tre si chiesero come facesse quella ragazza a sopportare tutto quello stress. Un pub sulle spalle, una famiglia distrutta, un ‘secondo lavoro’ alquanto discutibile, e riuscire a sorridere quasi sempre.

    “E voi? Insomma, voi tre siete Lupin, Jigen e Goemon, la vostra fama vi precede! E se proprio proprio lo volete sapere vi facevo diversi. Sembrate un gruppetto molto unito nonostante le apparenze. E poi quando Arsenio si è presentato la prima volta mi è preso un colpo, mi avevano detto che era un tipo strano, ma conoscendo gli altri ladri che fornisco non ci potevo credere. -Finalmente qualcuno che ti chiede dei favori con il sorriso!- Mi sono detta! ”
    I ragazzi ridacchiarono a quell’affermazione, di certo non era facile sopravvivere lavorando per la malavita, soprattutto per una ragazza. Chiacchierarono del più e del meno, conoscendosi meglio e rafforzando quel lieve legame che si era creato. Dopo un’oretta erano tutti a tavola, imbandita a festa e piena di piatti dall’ottimo aspetto. I tre si misero assaggiarono un piccolo boccone.

    “Beh, come è?” chiese Yume preoccupata. Per tutta risposta i ragazzi si riempirono i piatti do tutto ciò che era sul tavolo. “Suppongo che vi piaccia!”
    “Non lo so com’è, ma tutto è meglio del gelato e le patatine fritte per cena!” disse Lupin infilandosi un peperone ripieno in bocca.
    “Senza contare che è tutta roba salutare che non ingrassa! Non che voi ne abbiate bisogno.” Disse lei prendendo con la forchetta un pezzo di carne.
    “Perché, tu ne hai bisogno?” disse Jigen osservandone il corpo, era formoso e non pingue.

    “Beh, sapete, da piccola ero una pallina, lo stress per la morte di mamma mi faceva mangiare per il nervoso. Facevi prima a saltarmi sopra che a girarmi intorno… Poi verso i diciassette anni mi sono stufata di sentirmi ‘limitata’ e mi sono messa a dieta seriamente. Nel giro di un anno ho perso peso e la gente ha cominciato ad interessarsi a me, gente che fino a poco tempo prima mi ripudiava; ecco perché odio solo chi si basa sull’aspetto fisico, persone davvero superficiali. La mia situazione fisica mi ha reso in carattere debole e quando ero piccola preferivo nascondermi dietro un libro, è lì che ho cominciato ad osservare le persone.”
    “In che senso?” chiese Lupin sputacchiando per la bocca piena.
    “Nel senso che osservo la gente per capire come è veramente, sono attenta ai particolari, per esempio tu sei più serio di quello che vuoi far sembrare alla gente. Poi tu – indicò Goemon – dietro quella faccia seria nascondi un gran cuore e tu – puntò il dito contro Jigen – tu sei… particolare.”
    “Cos…” disse lui confuso.
    “Ma insomma come è questa cena?” recuperò il discorso evitando situazioni imbarazzanti.

    Il resto della serata passò con tranquillità, chiacchierando amabilmente. Si fece tardi e Yume guardò l’orologio.

    “Si è fatto tardi, devo andare a casa e domani mattina devo andare al magazzino a fare una cosa con urgenza.”
    “Ti accompagno a casa.” Disse Jigen prendendo un mazzo di chiavi e porgendole il cappotto. La ragazza sperò con tutta se stessa che gli altri due avessero qualcosa da ridire ma non fu così. Uscirono e Daisuke si accese una sigaretta mettendo in moto. Yume rimase in silenzio.

    “Non ci provare Narako. Mi devi delle spiegazioni.” Disse lui sorridendo beffardo.
    “Cos’è tutta ‘sta confidenza?” disse lei facendo il broncio.
    “Sei strana sai. Con Lupin e Goemon e ti apri tranquillamente e con me ti tieni sempre vigile. Ti ho fatto qualcosa?” chiese Jigen senza girarci intorno. La ragazza abbassò lo sguardo.
    “No, non hai fatto niente. È solo che mi spaventi.”
    “Spiegati.”

    “Non riesco a capire. Io non sono solita parlare come una valanga eppure stasera, e prima in macchina, ho chiacchierato come se non fosse successo mai niente. Come se per un attimo la mia vita stesse andando per il giusto verso. Ti ho addirittura confessato di essere stata grassa, e questo non lo sapeva nessuno!”
    “Non lo hai confessato solo a me, anche a Lupin e Goe…” cercò di giustificarsi.
    “Sì, ma la domanda l’hai fatta tu!” disse lei penetrandolo con lo sguardo.
    “E ciò cosa significa?”

    “Significa che mi ispiri fiducia, gira a destra, il numero 28 è casa mia. Mi ispiri fiducia e basta.”
    “E questo è un male?” Disse lui mentre la ragazza scendeva dalla macchina.

    “Non lo so Jigen, non lo so.” Si girò e prese la via di casa senza né salutare né ringraziare. Non per maleducazione ma non voleva che Jigen la vedesse. La vedesse con gli occhi lucidi. Varcò il portone e se lo richiuse alle spalle poggiandoci con delicatezza la fronte.

    Non sapeva se fosse un male. Parlare con qualcuno senza aver peli sulla lingua, senza esitazioni, e solo quel ragazzo le facevo quello stupido effetto. Rivide il suo sguardo sbigottito nella mente, mentre scendeva dalla macchina e nemmeno si voltava. Era un errore rimanere aggrappati al passato? Era un errore non volersi affezionare a un nuovo amico? Era un errore piangere tutte le volte che arrivava la sera e ripensare a Nobuo.

    Ripensare a Nobuo…

    -Nobuo, se solo il mondo sapesse cosa sei tu per me ora. Ma io non ce la faccio più…-

    __________

    Cosa sarà mai Nobuo per lei ora? MISTEEEEEEEEEEERO! E Sempre perché mi piace non dare indizi sostanziali. Come sono cattiva, se fossi in voi mi odierei sisì. Però non so se rendo l’idea, a lei Jigen, spaventa perché non sa cosa fare della sua vita. Ma di questo ne riparliamo più avanti ok? Grazie e alla prossima!


     
    Top
    .
  15. Lup1n
     
    .

    User deleted


    Infatti se fai bene attenzione Daisuke è il nome e Jigen il cognome...
     
    Top
    .
44 replies since 6/3/2009, 22:08   2705 views
  Share  
.
Top