Lupin the 3rd - Heaven's Password

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  1. mat113
     
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    Trama: Un misterioso criminale sta mettendo a serio repentaglio la vita di molte persone: il motivo? Uno scopo da raggiungere, lo definisce lui. Stay Tuned!

    Prologo

    Wooder Hall, Los Angeles. 9:30 P.M.

    “Signore, ci scusi, se l’abbiamo fatta aspettare. Venga, si accomodi.”
    Si alzò, ansioso, dal divanetto su cui era quasi addormentato, per dirigersi incontro agli uomini che lo aspettavano dinnanzi la porta d’ingresso all’hotel.
    Da qualche settimana a quella notte, l’onnipresente sensazione di stanchezza era sempre più aumentata, sino ad arrivare al culmine, quel giorno. Lui, uno dei più grandi pistoleri del mondo, celebre socio dell’infallibile ladro Lupin III, si stava facendo investire dal sonno e dall’ansia.
    Il grosso uomo, in giacca e cravatta, aprì l’alta ed enorme porta che avrebbe rivelato a Jigen la soluzione di ogni suo problema.
    Davanti a lui, ora, si trovava un uomo, seduto, con una pistola puntata contro il ladro. Non ebbe il tempo di riflettere, pensare: un colpo partì dalla Calibro 38 del misterioso gangster, centrando in pieno il suo petto, all’altezza del cuore.
    Cadde a terra. Ogni cosa iniziò a girare, rendendosi turbolenta. L’ampia camera in cui si trovavano, cominciò a svanire, mentre i suoi occhi si chiudevano lentamente, la vista si offuscava in modo rapido.
    Sentiva il caldo sangue scendere lungo il torace, lungo le braccia, e formare una pozza rossa per terra. Era il colmo, per lui: morire sotto un colpo di pistola. Riuscì, vagamente, ad udire i tre uomini parlare, probabilmente su come avrebbero dovuto liberarsi del corpo.
    I battiti del cuori scesero, sino a che se ne potevano contare sul palmo di una mano, per minuto. Aprì gli occhi. Lo sguardo, fiacco, come una lampadina di seconda mano, puntava quell’oscura figura che gli aveva puntato addosso l’arma. Non aveva avuto tempo di osservarlo. Ora, invece, quella maligna persona si trovava a ridosso dei suoi piedi, sbirciando il pistolero con cattiveria. Si era tolto gli scuri occhiali da sole, rivelando i suoi occhi a Jigen. Un verde intenso occupava l’iride, il che li rendeva ancor più inquietanti.
    Il movimento cardiaco cessò. Numerosi e lugubri pensieri offuscarono la mente del moro.
    Mi hanno attirato qui con una trappola. Arg, sono stato stupido, troppo stupido. Io non ho un fratello, è evidente. Invece ho creduto a quelle stupidaggini. Non posso crederci. Potevo andarmene dal mondo da eroe, l’ho fatto da nullità. Non sono stato capace di estrarre la pistola prima di quel bastardo.
    “Ehi, Daisuke.” esordì l’uomo che aveva sparato. “Ti voglio rivelare una cosa: io, Wooder Jigen, sono tuo fratello. Peccato, però, che non avrai molto tempo, ancora, per andare a raccontarlo ai tuoi amichetti. Ci vediamo al tuo funerale, fratellino.”
    Una fragorosa, squallida e sporca risata inondò l’enorme villa.
    Non poteva, e non riusciva, a crederci: era suo fratello. L’umiliazione si fece ancor più grande. Non solo, non aveva risposto alla Calibro 38 di Wooder, ma addirittura era stato colpito da quest’ultimo, cioè suo fratello, sangue del suo sangue.
    “Shatri, Axert, chiudete la porta della camera a chiave. Domani penseremo a denunciare il fatto. Faremo finta di aver trovato il corpo. Diremo alla polizia che avrei dovuto vederlo, per riallacciare i rapporti. Ora, non fate domande, e rispettate gli ordini.”
    Lasciandosi dietro i due scagnozzi, si diresse verso il suo studio. Salì una rampa di scale, ed entrò in una piccola porta di mogano. Il suo interno, conosciuto solo al padrone della villa, era piccolo, accogliente e raffinato. Le pareti di pietra, sulle quali erano attaccati quadri e decorazioni, rievocavano lo stile di una caverna. Accese il suo portatile, e si mise a sedere su una sedia in legno e pelle.
    Buonasera, Signor Wooder Jigen, il suo ultimo accesso, è avvenuto alle 12:54
    Premette un campanello, al di sopra della scrivania, attivando un microfono, collegato alle stanze dei maggiordomi.
    “Fairt, prepara e portami su una tazza di caffè, per favore.”
    Non ebbe risposta, anche perché riattaccò immediatamente, ma sapeva bene che il maggiordomo di servizio, in quelle ore, avrebbe eseguito la sua richiesta, o, per meglio dire, il suo ordine.
    Mentre aspettava, rifletté attentamente su l’atto che aveva appena compiuto: era suo fratello, e non negava di averlo voluto conoscere più a fondo, ma il suo scopo richiedeva questo, e altro.
    Toc Toc.
    Il maggiordomo batté alla porta con il batacchio di ferro.
    “Signore, posso entrare?”
    Davanti a Wooder, ora, un uomo sulla cinquantina teneva in mano un vassoio, sul quale c’erano una tazza di caffè, alcuni tovaglioli e pochi biscotti. La distinta posizione del maggiordomo lo rendeva, probabilmente, il migliore della Wooder Hall.
    “Grazie, Fairt, puoi andare.”
    Non appena il servo chiuse la ristretta porta, il criminale sorseggiò un goccio di caffè dalla sua grande tazza, iniziando ad armeggiare con il PC.
    C:/Documents and Settings/Wooder Jigen/Daisuke Jigen
    Click.
    C:/Documents and Settings/Wooder Jigen/Daisuke Jigen/Friends
    Click.
    C:/Documents and Settings/Wooder Jigen/Daisuke Jigen/Friends/Arsenio Lupin III
    Click.

    “Bene, credo che una bella e-mail al socio del mio fratellino, farebbe proprio bene.”
     
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  2. mat113
     
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    Capitolo 1: Quando il gioco si fa duro…i duri cominciano a giocare

    Hollywood Roosevelt Hotel, Los Angeles. 10:20 A.M.

    Un forte vento sbatteva contro le lussuose finestre del Roosevelt Hotel, quella mattina. L’autunno era appena iniziato, e i risultati si vedevano: numerosi marciapiedi e alcune strade erano completamente ricoperte di foglie, e la possibilità di camminare, senza incontrare quest’ultime, era minima.
    “Yaaawn.”
    Un lungo sbadiglio, per iniziare la giornata di un ladro, era il minimo. Si rizzò a sedere, sul letto, fissando attraverso le pulite vetrate della camera.
    “Mmh, oggi niente lavoro. Tutto riposo!” proclamò Lupin, ridacchiando, al culmine della felicità.
    Da tempo attendeva un periodo di vacanza, vale a dire, da quando il suo “lavoro”, il quale si avvicinava più ad un hobby, diventò tale. Infatti, per garantirsi una vita al di sopra della media, il ladro aveva dovuto intensificare le sue azioni, fino a farle divenire quotidiane. Tuttavia, rimaneva comunque un pizzico di divertimento nel farlo, il ché rendeva le cose molto più eccitanti, soprattutto quando c’era la polizia o qualsiasi altro tipo di ostacolo.
    Accese il computer, ed aprì Internet. In prima pagina, occupandola tutta, c’era un articolo riguardante il presidente degli Stati Uniti d’America.
    “Vediamo un po’ di cosa si tratta.”
    Click.
    Incredibile! Presidente USA svela i segreti della religione e della storia dell’umanità.
    Tutto vero! Oggi, Sabato 19 Settembre 2009, il Presidente degli Stati Uniti d’America, ha ricevuto la password di 150 cifre e lettere, consegnatagli dal comitato CIA-FBI-ONU-NASA, per accedere ai dati digitali, nei quali è scritta la storia dell’umanità, e della religione. Pesanti rivelazioni, quindi, si prevedono, le quali rischiano seriamente di “uccidere” la storia, o meglio, ciò che noi sappiamo di essa.
    Questa password, di cui non sappiamo altro, se non che è unica, al mondo, è stata progettata in modo che, chiunque al mondo, non possa conoscerla entro due mesi, neanche con le più potenti macchine del mondo.
    Non ci resta, perciò, che aspettare la prima mossa del presidente, il quale inserirà questi codici nel database della Casa Bianca…

    Hai un nuovo messaggio di posta.
    “Mmh? Un nuovo messaggio? Arg, ma proprio ora!”
    Click.
    Il gentiluomo premette con vigore il tasto sinistro del mouse, quasi rompendolo. Vari messaggi di SPAM e pubblicità occupavano la sua casella postale, e, solo un paio, erano degni di attenzione. Aprì il primo, in cima alla lista, il quale mittente era anonimo.
    Caro Arsenio Lupin III,

    Ho due cattive notizie per te. Quale vuoi per prima? Oh, va bene, scelgo io.
    Il tuo caro socio, o amico, come preferisci, è morto. Io, Wooder James Jigen, non c’entro nulla. Non mi credi, vero?! Beh…fai bene. L’ho ucciso io, Daisuke, caro Lupin, per motivi che non ti spetta sapere, ma che prima o poi scoprirai.
    La seconda notizia, è che voglio uccidere anche te. Ci riuscirò, Lupin, anche se sei il più abile ladro del mondo, io ti ucciderò. Hai una sola possibilità di evitare la morte. Presentati alle 4:30 P.M. al Griffith Park, ora del funerale di mio fratello. Attenderò fino alla fine di quest’ultimo, dopodiché ordinerò ai miei uomini di trovarti, ed ucciderti.

    Distinti saluti,

    Wooder Jigen.


    Lupin non riuscì ad aprire bocca. Se ne stava lì, impalato, a rileggere decine di volte, quella scioccante, quanto crudele, lettera. Si precipitò sul cellulare, il quale si trovava disperso in uno sconosciuto meandro della stanza, sul pavimento.
    Ti-tu-ti-ti-tu-tu-tu-ti-ti-ti
    “Ehi, Jigen, rispondi, rispondi!”
    Niente. Il telefonino continuava a squillare. La tremenda affermazione, che aveva fatto quell’uomo, si stava pian piano trasformando in una spaventosa verità. In quei pochi attimi, non riusciva a pensare a nulla, se non alle dichiarazioni del criminale.
    Tuttavia, gli sembrava strano che quest’uomo misterioso l’avesse fatta franca. La polizia aveva trovato il suo corpo, quindi, quei gangster avevano dovuto escogitare un piano molto elaborato.
    Prese in mano il cellulare, ancora una volta. Stavolta il numero era diverso.
    Dopo due squilli, una voce dall’altro capo, pacata e sontuosa, rispose.
    “Pronto.”
    “Goemon, dobbiamo vederci, assolutamente. Vieni all’Hollywood Roosevelt Hotel, per l’ora di pranzo. Ti aspetto al ristorante.”
    “Cos…Ehi Lupin, aspetta, cos’è succ…”
    Tu-tu-tu-tu
    Il samurai non ebbe tempo di finire, che il gentiluomo aveva gia attaccato.
    Decise, dopo alcuni minuti di riflessione, di andare al funerale, e incontrare Wooder Jigen. Ora, aveva un solo, grande ed ultimo passo da affrontare. Se avesse accettato il compromesso che si stava ponendo, in testa, avrebbe perso la sua dignità di ladro, e di persona.
    Per l’ennesima volta, digitò un numero sul suo moderno cellulare. Questa volta, squillò una sola volta.
    “Interpol di Los Angeles.”
    “Si, ehm, buongiorno. Il mio nome è Ray Derreck, celebre scrittore di libri gialli, come lei ben saprà.” esordì Lupin, il quale si era preparato una specie di discorso da seguire.
    “Ehm, veramente, no.”
    “Fa lo stesso. Ho ricevuto la notizia che il famoso ispettore Zenigata sia a Los Angeles, alla ricerca di un ladro, di nome Lupin, giusto?!” non era nel piano, questa frase, ma moriva dalla curiosità di sapere cosa stesse combinando Zazà.
    “Si, signor Derreck, ma sono faccende private.” ribatté il centralinista, dall’altra parte.
    “Oh, bene, fa niente.” disse con il suo finto vocione. “Può fissarmi un appuntamento con lui, per l’una e mezza, al Roosevelt Hotel?”
    “Ehm, va bene, signore.”
    Ormai era fatta.
    La sua reputazione era su un piatto, e quel piatto si trovava esattamente in bilico, tra la vittoria, e la sconfitta, con una notevole pendenza verso quest’ultima. Avrebbe chiesto a Zenigata di aiutarlo nella sua missione: quella di scoprirne di più, riguardo questa faccenda.
    “Mmh, è mezzogiorno. Farò meglio a sbrigarmi, o manderò tutto all’aria.”
    Lentamente si spogliò, e si tuffò sotto l’elegante doccia. Chiuse gli occhi. L’acqua scorreva rapida, e bollente. Stava cercando, invano, di scacciarsi via i pensieri che lo attaccavano, secondo dopo secondo. Jigen…dove sei?!

    Hollywood Rosevelt Restaurant, Los Angeles. 1:25 P.M.

    Dove diamine sarà, questo signor Derreck. Io ho un mucchio di lavoro da svolgere!
    L’ispettore avanzava con difficoltà, nella grande piazza su cui affacciava l’hotel. L’infinità di gente che stava passeggiando, era enorme, ed il motivo di questo camminare, era sconosciuto.
    “Arg…signore! Si levi, diamine. Signora, stia attenta a suo figlio, mi ha pestato due volte il piede sinistro. E lei, per tutti i ciufoli…eh? Ehi, Goemon! Ti dichiaro in arresto, secondo la Costituzione Americana…”
    “Zenigata, qui siamo a Los Angeles, e io, ho compiuto crimini solo in Giappone, perciò finché siamo qui, io e lei siamo, come dire, amici.”
    “Oh…hai ragione.” rispose, desolato, l’ispettore. “Cosa ci fai da queste parti?”
    “Ho ricevuto una chiamata da parte di Lupin…”
    “LUPIN?!”
    “…era molto preoccupato. Non credo sia il momento di arrestarlo, Zenigata.”
    “E’ sempre, il momento per arrestare!”
    “Chissà dove si è cacciato.” disse lo spadaccino, ignorando totalmente l’ultima frase del poliziotto. “Piuttosto, lei, cosa ci fa qui?” riprese.
    “Mi ha chiamato un certo Ray Derreck, scrittore di libri gialli. Lo conosci?”
    “Mai sentito, a dire la verità.”
    Entrarono all’interno dell’hotel senza ancora spiccicare parola.
    Un uomo, con un grande cappello, simile ad un sombrero, e stravaganti vestiti, si avvicinò ai due uomini.
    “Salve, lei dev’essere Koichi Zenigata, il celeberrimo ispettore, sbaglio?”
    “No, no, ha perfettamente ragione, mio caro.” rispose, lusingato e ammaliato, Zazà.
    “Di niente, paparino.”
    Una fragorosa risata uscì dalle bocche di Jigen, e quel misterioso uomo, che si rivelò essere Lupin III. Alzò lo sguardo, fino a fissare negli occhi il suo eterno rivale. Non era cambiato di una virgola, sempre il solito, rude, ispettore Zenigata.
    “Devi aiutarmi, è fondamentale.” gli sussurrò, in tono di implorazione.
     
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  3. __SUPERMAN__
     
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    non male
     
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  4. Rupan95
     
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    wow bello... sai scrivere davvero bene... complimenti, aspetto di sapere cosa in mente Lupin, chiedendo collaborazione a Zenigata :asd:
     
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  5. mat113
     
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    Capitolo 1: Quando il gioco si fa duro…i duri cominciano a giocare

    Hollywood Roosevelt Hotel, Los Angeles. 10:20 A.M.

    Un forte vento sbatteva contro le lussuose finestre del Roosevelt Hotel, quella mattina. L’autunno era appena iniziato, e i risultati si vedevano: numerosi marciapiedi e alcune strade erano completamente ricoperte di foglie, e la possibilità di camminare, senza incontrare quest’ultime, era minima.
    “Yaaawn.”
    Un lungo sbadiglio, per iniziare la giornata di un ladro, era il minimo. Si rizzò a sedere, sul letto, fissando attraverso le pulite vetrate della camera.
    “Mmh, oggi niente lavoro. Tutto riposo!” proclamò Lupin, ridacchiando, al culmine della felicità.
    Da tempo attendeva un periodo di vacanza, vale a dire, da quando il suo “lavoro”, il quale si avvicinava più ad un hobby, diventò tale. Infatti, per garantirsi una vita al di sopra della media, il ladro aveva dovuto intensificare le sue azioni, fino a farle divenire quotidiane. Tuttavia, rimaneva comunque un pizzico di divertimento nel farlo, il ché rendeva le cose molto più eccitanti, soprattutto quando c’era la polizia o qualsiasi altro tipo di ostacolo.
    Accese il computer, ed aprì Internet. In prima pagina, occupandola tutta, c’era un articolo riguardante il presidente degli Stati Uniti d’America.
    “Vediamo un po’ di cosa si tratta.”
    Click.
    Incredibile! Presidente USA svela i segreti della religione e della storia dell’umanità.
    Tutto vero! Oggi, Sabato 19 Settembre 2009, il Presidente degli Stati Uniti d’America, ha ricevuto la password di 150 cifre e lettere, consegnatagli dal comitato CIA-FBI-ONU-NASA, per accedere ai dati digitali, nei quali è scritta la storia dell’umanità, e della religione. Pesanti rivelazioni, quindi, si prevedono, le quali rischiano seriamente di “uccidere” la storia, o meglio, ciò che noi sappiamo di essa.
    Questa password, di cui non sappiamo altro, se non che è unica, al mondo, è stata progettata in modo che, chiunque al mondo, non possa conoscerla entro due mesi, neanche con le più potenti macchine del mondo.
    Non ci resta, perciò, che aspettare la prima mossa del presidente, il quale inserirà questi codici nel database della Casa Bianca…

    Hai un nuovo messaggio di posta.
    “Mmh? Un nuovo messaggio? Arg, ma proprio ora!”
    Click.
    Il gentiluomo premette con vigore il tasto sinistro del mouse, quasi rompendolo. Vari messaggi di SPAM e pubblicità occupavano la sua casella postale, e, solo un paio, erano degni di attenzione. Aprì il primo, in cima alla lista, il quale mittente era anonimo.
    Caro Arsenio Lupin III,

    Ho due cattive notizie per te. Quale vuoi per prima? Oh, va bene, scelgo io.
    Il tuo caro socio, o amico, come preferisci, è morto. Io, Wooder James Jigen, non c’entro nulla. Non mi credi, vero?! Beh…fai bene. L’ho ucciso io, Daisuke, caro Lupin, per motivi che non ti spetta sapere, ma che prima o poi scoprirai.
    La seconda notizia, è che voglio uccidere anche te. Ci riuscirò, Lupin, anche se sei il più abile ladro del mondo, io ti ucciderò. Hai una sola possibilità di evitare la morte. Presentati alle 4:30 P.M. al Griffith Park, ora del funerale di mio fratello. Attenderò fino alla fine di quest’ultimo, dopodiché ordinerò ai miei uomini di trovarti, ed ucciderti.

    Distinti saluti,

    Wooder Jigen.


    Lupin non riuscì ad aprire bocca. Se ne stava lì, impalato, a rileggere decine di volte, quella scioccante, quanto crudele, lettera. Si precipitò sul cellulare, il quale si trovava disperso in uno sconosciuto meandro della stanza, sul pavimento.
    Ti-tu-ti-ti-tu-tu-tu-ti-ti-ti
    “Ehi, Jigen, rispondi, rispondi!”
    Niente. Il telefonino continuava a squillare. La tremenda affermazione, che aveva fatto quell’uomo, si stava pian piano trasformando in una spaventosa verità. In quei pochi attimi, non riusciva a pensare a nulla, se non alle dichiarazioni del criminale.
    Tuttavia, gli sembrava strano che quest’uomo misterioso l’avesse fatta franca. La polizia aveva trovato il suo corpo, quindi, quei gangster avevano dovuto escogitare un piano molto elaborato.
    Prese in mano il cellulare, ancora una volta. Stavolta il numero era diverso.
    Dopo due squilli, una voce dall’altro capo, pacata e sontuosa, rispose.
    “Pronto.”
    “Goemon, dobbiamo vederci, assolutamente. Vieni all’Hollywood Roosevelt Hotel, per l’ora di pranzo. Ti aspetto al ristorante.”
    “Cos…Ehi Lupin, aspetta, cos’è succ…”
    Tu-tu-tu-tu
    Il samurai non ebbe tempo di finire, che il gentiluomo aveva gia attaccato.
    Decise, dopo alcuni minuti di riflessione, di andare al funerale, e incontrare Wooder Jigen. Ora, aveva un solo, grande ed ultimo passo da affrontare. Se avesse accettato il compromesso che si stava ponendo, in testa, avrebbe perso la sua dignità di ladro, e di persona.
    Per l’ennesima volta, digitò un numero sul suo moderno cellulare. Questa volta, squillò una sola volta.
    “Interpol di Los Angeles.”
    “Si, ehm, buongiorno. Il mio nome è Ray Derreck, celebre scrittore di libri gialli, come lei ben saprà.” esordì Lupin, il quale si era preparato una specie di discorso da seguire.
    “Ehm, veramente, no.”
    “Fa lo stesso. Ho ricevuto la notizia che il famoso ispettore Zenigata sia a Los Angeles, alla ricerca di un ladro, di nome Lupin, giusto?!” non era nel piano, questa frase, ma moriva dalla curiosità di sapere cosa stesse combinando Zazà.
    “Si, signor Derreck, ma sono faccende private.” ribatté il centralinista, dall’altra parte.
    “Oh, bene, fa niente.” disse con il suo finto vocione. “Può fissarmi un appuntamento con lui, per l’una e mezza, al Roosevelt Hotel?”
    “Ehm, va bene, signore.”
    Ormai era fatta.
    La sua reputazione era su un piatto, e quel piatto si trovava esattamente in bilico, tra la vittoria, e la sconfitta, con una notevole pendenza verso quest’ultima. Avrebbe chiesto a Zenigata di aiutarlo nella sua missione: quella di scoprirne di più, riguardo questa faccenda.
    “Mmh, è mezzogiorno. Farò meglio a sbrigarmi, o manderò tutto all’aria.”
    Lentamente si spogliò, e si tuffò sotto l’elegante doccia. Chiuse gli occhi. L’acqua scorreva rapida, e bollente. Stava cercando, invano, di scacciarsi via i pensieri che lo attaccavano, secondo dopo secondo. Jigen…dove sei?!

    Hollywood Rosevelt Restaurant, Los Angeles. 1:25 P.M.

    Dove diamine sarà, questo signor Derreck. Io ho un mucchio di lavoro da svolgere!
    L’ispettore avanzava con difficoltà, nella grande piazza su cui affacciava l’hotel. L’infinità di gente che stava passeggiando, era enorme, ed il motivo di questo camminare, era sconosciuto.
    “Arg…signore! Si levi, diamine. Signora, stia attenta a suo figlio, mi ha pestato due volte il piede sinistro. E lei, per tutti i ciufoli…eh? Ehi, Goemon! Ti dichiaro in arresto, secondo la Costituzione Americana…”
    “Zenigata, qui siamo a Los Angeles, e io, ho compiuto crimini solo in Giappone, perciò finché siamo qui, io e lei siamo, come dire, amici.”
    “Oh…hai ragione.” rispose, desolato, l’ispettore. “Cosa ci fai da queste parti?”
    “Ho ricevuto una chiamata da parte di Lupin…”
    “LUPIN?!”
    “…era molto preoccupato. Non credo sia il momento di arrestarlo, Zenigata.”
    “E’ sempre, il momento per arrestare!”
    “Chissà dove si è cacciato.” disse lo spadaccino, ignorando totalmente l’ultima frase del poliziotto. “Piuttosto, lei, cosa ci fa qui?” riprese.
    “Mi ha chiamato un certo Ray Derreck, scrittore di libri gialli. Lo conosci?”
    “Mai sentito, a dire la verità.”
    Entrarono all’interno dell’hotel senza ancora spiccicare parola.
    Un uomo, con un grande cappello, simile ad un sombrero, e stravaganti vestiti, si avvicinò ai due uomini.
    “Salve, lei dev’essere Koichi Zenigata, il celeberrimo ispettore, sbaglio?”
    “No, no, ha perfettamente ragione, mio caro.” rispose, lusingato e ammaliato, Zazà.
    “Di niente, paparino.”
    Una fragorosa risata uscì dalle bocche di Goemon, e quel misterioso uomo, che si rivelò essere Lupin III. Alzò lo sguardo, fino a fissare negli occhi il suo eterno rivale. Non era cambiato di una virgola, sempre il solito, rude, ispettore Zenigata.
    “Devi aiutarmi, è fondamentale.” gli sussurrò, in tono di implorazione.
     
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